Primo di una serie di riflessioni sul tempo, liberamente tratte dal volume di Francesco Cirignotta “Ci vuole il tempo che ci vuole”.
Tempo, a volte mi sei amico altre nemico; in alcuni momenti eterno altre volte mi sfuggi; mi soffochi o mi manchi; mi riempi o mi svuoti la vita. Poi mi accorgo che tu Tempo non sei ciò che ho appena scritto, ma sono io a creare tutto ciò, sono io a scandire la tua presenza, la mia vita è la tua rappresentazione: sono io a darti valore, visione e palpabilità. Entrambi ci troviamo in un luogo che è stato definito spazio, in cui tu ti manifesti attraverso l’esistenza delle creature viventi. Quando si domanda che ora è, che giorno è oggi, in che anno è accaduto un particolare evento è normale avere rapidamente una risposta, ma proviamo a pensare ai millenni di studi e all’evoluzione del sapere racchiusi in questa semplice informazione.
Lo spazio diviene oggettivo in quanto misurabile quantitativamente mentre il tempo assume un valore soggettivo per il fatto che è misurabile arbitrariamente.
Ma quanto dura il tempo? Tanti fattori influenzano la valutazione della durata. L’età gioca un ruolo rilevante sul «senso» del tempo. I bambini hanno un’idea della durata di un evento un po’ più lunga di quella degli adulti, mentre gli anziani, al contrario, la stessa durata la valutano più corta.
E possibile distinguere, utilizzando definizioni di comodo, due tipi di durata: una cosiddetta vuota e un’altra cosiddetta piena: il periodo che trascorre tra un episodio e un altro lo si può definire durata vuota; la durata è invece piena quando indica in quanto tempo si svolge un qualsiasi avvenimento.
È davvero possibile vivere l’attimo fuggente, il presente? Il presente, di cui crediamo di prender coscienza repentinamente, è dunque estremamente fuggevole e soggettivo. Se ciò non bastasse lo realizziamo, in tutta la sua interezza, diversi millisecondi dopo che è già divenuto passato. Tutto ciò che accade si concretizza nella mente qualche tempo dopo da quando in effetti è avvenuto. In realtà noi viviamo sin dalla nascita nel passato. Anche il cosiddetto «presente psicologico», in effetti, fa parte del passato. La percezione di un qualsiasi evento non avviene simultaneamente a quando esso accade. Ci rendiamo conto di tutti gli eventi che avvengono attorno a noi circa 80 millisecondi dopo che si sono verificati. Questo piccolo, ma nel contempo enormemente grande e rilevante lasso di tempo, ci divide dal mondo reale.
La macchina del tempo: l’uomo con i ricordi viaggia nel passato e con i sogni nel futuro.
Il passato è costituito da tanti avvenimenti che si susseguono uno dopo l’altro e sono concatenati tra essi dalla memoria. Nel momento in cui si tenta di descrivere le emozioni che si sono avute da un qualsiasi evento passato, anche banale, inevitabilmente il racconto sarà intriso di impressioni e sensazioni che risentono della cultura di chi vi assiste. Siccome è difficile, se non impossibile, standardizzare una qualsiasi sensazione, emozione e idea, si può, dunque, affermare che il passato è prettamente individuale.
Il tempo scandito dagli orologi e dai calendari ha un valore puramente convenzionale; sicché, la velocità con cui scorre il tempo è soggettiva. Un qualsiasi evento ha una durata indefinibile e del tutto individuale.
E l’anno nuovo sarà come gli uomini lo faranno. Auguri 2016!