Secondo appuntamento con le riflessioni sul “IL TEMPO” liberamente tratte dal volume di Francesco Cirignotta “Ci vuole il tempo che ci vuole”.
Per parlare di tempo, facciamo spesso ricorso a frasi fatte che quasi sempre nascondono la loro ambiguità. Quando dico che “non ho il tempo», quel che voglio dire davvero è che ho altri obblighi e non dispongo della durata necessaria per fare quel che mi è stato chiesto. Ma se non dispongo della durata di cui ho bisogno, non è esattamente perché il tempo, passando, limita e vincola il mio utilizzo del tempo? Insomma, se non ho tempo non sarà forse proprio perché c’è… del tempo? Con l’espressione “il tempo mi opprime” voglio invece manifestare il fatto che sto vivendo un momento difficile o insignificante, e in ultima analisi che il tempo mi sembra vuoto. Ma questo vuol forse dire che il tempo è provvisto di una massa, destinata a diventare tanto più grande quanto meno viene “colmata» da eventi, ossia il contrario di quel che avviene con gli oggetti della meccanica? E ancora, dicendo che “ho ammazzato il tempo come ho potuto» confesso di aver cercato di liberarmi di un tempo che si era abbattuto su di me come una cappa di piombo. Ma allora il tempo è un essere vivente, anzi addirittura vitale, che alle volte preferiremmo morto? Strana pretesa, questa: non è forse il tempo, di solito, a uccidere noi?
Ma l’espressione più stereotipata, quella che polverizza davvero qualunque record di utilizzo, consiste nel dire che il tempo “passa”. Questa formula non costituisce già di per sé un abuso del linguaggio? Nessuno, infatti, potrebbe contestare che è proprio il tempo a far sì che qualunque cosa accada, cioè “passi”, ma dedurre da ciò che sia il tempo stesso a passare vuol dire davvero essere fuori strada. La successione dei tre momenti del tempo, infatti – futuro, presente, passato – non significa affatto che il tempo succede a se stesso: dunque le cose passano, il tempo no.
Il tempo è un fiume fatto di eventi…
Ora, un fiume non è mai identico a se stesso perché è fatto di elementi che si rinnovano costantemente, e lo stesso può dirsi di noi esseri umani: anche noi in un certo senso “scorriamo”, perché ogni istante che passa ci proietta in un mondo nuovo e in un io inedito. Perciò non c’è alcuna ragione che ci impedisca di sostenere, seguendo Eraclito, che la sola cosa immutabile sia proprio la proprietà delle cose e degli esseri di cambiare, cosicché nulla può mai restare identico a se stesso. Da questo punto di vista il cambiamento e la contingenza sono, paradossalmente, espressione di una legge senza tempo. Sempre in azione, essi sono manifestazione dell’eternità e fanno sorgere questo interrogativo: qual è dunque l’ordine soggiacente o immanente che governa delle realtà in perpetuo movimento?
Eternità
Il tempo resta comunque attivo: è fabbro del suo stesso sussistere, perché a ogni istante è lui a tenere per mano l’adesso e a fargli attraversare il presente. Se il tempo si fermasse davvero, non solo ogni cosa rimarrebbe immobile, ma assisteremmo anche all’immediato interrompersi del presente, ossia alla scomparsa di tutto ciò che esiste.
Non esiste un concetto di eternità ben definito che permetta di tratteggiarla compiutamente. Sicché il termine eternità ha diverse accezioni che ne rispecchiano le molteplici interpretazioni. Comunemente con eternità si indica tutto ciò che ha la peculiarità di esistere immutabile al di là del tempo. Un’accezione, impropria, dell’eternità è quella che la considera una caratteristica di tutto ciò che ebbe un inizio ma che non avrà mai fine
Dunque si può affermare che “tempus fugit”: sia nel senso che i popoli latini diedero a questa affermazione, sia nell’accezione di tempo come ente che sfugge ad ogni tentativo di definizioni che ne determinino in toto tutti i suoi aspetti. Il tempo fugge nonché sfugge a qualsiasi definizione. Questa sua peculiarità, così come tante altre che sembrano di primo acchito caratterizzarlo compiutamente, in realtà pone nel contempo innumerevoli domande. Fra queste ne sottolineiamo alcune: perché il tempo fluisce? Perché scorre dal passato verso il futuro? E soprattutto perché il tempo non si può definire con parametri ben precisi?
Riassumendo, diremo che il corso del tempo garantisce la continuità del mondo, mentre la freccia del tempo vi produce storie e novità indelebili. Ma ciò significa che se si fermasse il corso del tempo tutto scomparirebbe?